venerdì, 19 Aprile 2024

Ringrazio il Presidente Abete per questo invito. E’ la seconda volta che torno a confrontarmi con voi, sia pure a distanza per via delle attuali restrizioni anti-Covid, mentre ci troviamo in un contesto economico e sociale che è completamente mutato rispetto allo scorso anno, a causa di questa crisi pandemica.

Nell’edizione dello scorso anno, discutevamo di come riaccendere il motore dello sviluppo nel nostro Paese, dopo anni di produttività stagnante, di ampie disuguaglianze regionali nei tassi di occupazione, di stasi degli investimenti dovuta a un ambiente regolamentare non abbastanza favorevole.

Nel 2020, dopo le due ondate della pandemia, la sfida che abbiamo di fronte non è più soltanto quella – pur prioritaria – di liberare le potenzialità inespresse del nostro Paese. In questa nuova fase, il compito che ci attende è duplice e riguarda non soltanto l’Italia ma l’intera Europa e, più in generale, anche l’intera comunità internazionale.

In primo luogo, nel presente, dobbiamo serrare i ranghi per vincere il nemico invisibile che è ancora fra noi.

È una battaglia questa che richiede un forte spirito di unità nelle nostre comunità, una leale collaborazione fra tutti i livelli istituzionali degli Stati, una solida cooperazione internazionale, per aiutarci l’un l’altro ad abbattere la circolazione del virus e a pianificare un’efficace distribuzione dei vaccini l’anno prossimo, 2021.

Oltre ad affrontare la sfida sanitaria, ci troviamo oggi a porre le premesse per una piena ripresa economica, dotando il motore della crescita di rinnovate energie.

Senza dubbio, il multilateralismo e la reciproca collaborazione fra Paesi sono precondizioni essenziali per avere successo, perché il virus non conosce confini né barriere. È quindi essenziale continuare a promuovere gli scambi di conoscenza, di innovazioni mediche, di soluzioni organizzative e tecniche che sono resi possibili solo attraverso il libero commercio.

Le sfide globali della pandemia, dei cambiamenti climatici, della ripresa equa, inclusiva e sostenibile, sono anche gli assi portanti della Presidenza italiana del G20 che è appena iniziata; così come il rilancio del sistema commerciale multilaterale, con l’Organizzazione Mondiale del Commercio come suo fulcro. Riteniamo infatti essenziale che il G20 continui a promuovere un dibattito costruttivo sulla riforma dell’organizzazione ginevrina, con l’obiettivo di renderla più efficace e capace di affrontare le nuove sfide del nostro tempo. In base ai principi di trasparenza, non-discriminazione e inclusività.

La scintilla della crescita futura sarà in gran parte innescata dalla necessità di rispondere ad alcuni bisogni umani fondamentali, la salute, la mitigazione dei cambiamenti climatici, la protezione dell’ambiente, il bisogno di politiche economiche e sociali che sappiano accompagnare la rivoluzione tecnologica prodotta dalla digitalizzazione, mitigandone gli impatti negativi transitori sull’occupazione, garantire la concorrenza nei nuovi mercati digitali e assicurare che le nuove tecnologie siano effettivamente al servizio del cittadino e non ne sfruttino l’ingenuità, la poca consapevolezza dei rischi.

Per troppi anni, molti di questi bisogni sono stati considerati per lo più un peso da sostenere rispetto alle politiche di sviluppo.

Oggi, invece, la ricerca e l’industria si orienteranno a dare risposte a questi bisogni, e le innovazioni che ne seguiranno, volte a scoprire nuove soluzioni per i beni pubblici fondamentali, potranno costituire il vero volano della crescita negli anni a venire.

Certamente, una sfida di queste proporzioni deve essere affrontata con strumenti adeguati. In questo senso, il Governo italiano è stato fra i più convinti promotori della grande svolta europea che è stata compiuta nel 2020, ovvero il lancio del progetto Next Generation EU, grazie al quale – per la prima volta – l’Unione europea progetta un piano di investimenti comunitario, finanziato dall’emissione di titoli di debito autenticamente europei e collegato a fondamentali riforme di sistema.

Il nostro Paese deve farsi trovare pronto e sfruttare al massimo questa opportunità senza precedenti. Per farlo, la strategia di Governo si orienterà su tre assi fondamentali: la fiducia, le riforme e gli investimenti.

Per costruire la fiducia, è imprescindibile mitigare gli effetti dell’incertezza, che persisterà anche dopo la fine dell’emergenza pandemica. Per questo motivo, pur preservando la sostenibilità del debito, l’intonazione di bilancio delineata dalla manovra economica per il 2021 resterà fortemente espansiva, come consigliano anche le principali istituzioni internazionali, fra cui l’Ocse e il Fondo monetario internazionale. Una riduzione più rapida del deficit di bilancio, in questa fase, rischierebbe di compromettere la ripresa.

Inoltre, è fondamentale tornare ad assicurare al nostro Paese una vera mobilità sociale, impedire che nascano nuove e più profonde disuguaglianze, e rifondare su basi nuove il rapporto fra cittadini e Istituzioni, con particolare riferimento al fisco e alla Pubblica Amministrazione.

La riforma fiscale – a partire da quella dell’IRPEF – dovrà garantire maggiore equità, trasparenza ed efficienza contribuendo a ridurre le disparità reali e percepite nel trattamento tra i cittadini, eliminando al contempo gli spazi per una concorrenza sleale tra le imprese.

La riforma della PA, guidata dalla sua digitalizzazione, avrà come obiettivo di rendere l’amministrazione pubblica efficiente e al servizio di cittadini e imprese, investendo sul suo capitale materiale e immateriale e – soprattutto – sul suo capitale umano, cosa per troppo tempo trascurata. Serviranno senz’altro nuove competenze, nuove forme di organizzazione, ulteriori semplificazioni nei procedimenti burocratici per sfruttare appieno i benefici della digitalizzazione e dotare così la Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente di tutti i suoi supporti infotelematici.

Naturalmente, la rivoluzione digitale non riguarderà solo la macchina amministrativa del Paese, ma anche la sua industria, le sue scuole, i suoi ospedali. Non possiamo più permettere che l’Italia sia agli ultimi posti nelle classifiche europee in quanto alla digitalizzazione dell’economia e della società, e che il nostro Paese detenga il triste primato europeo relativo all’incidenza dei giovani cosiddetti “NEET” (che non sono inseriti in percorsi di lavoro, studio o formazione) sul totale della popolazione attiva.

Pe questa ragione, il  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza servirà a  potenziare tutto il sistema dell’istruzione, assicurando la connessione veloce in tutte le scuole, digitalizzando i curricula scolastici e la formazione dei docenti, aumentando il peso delle competenze STEM e delle lingue nei percorsi formativi, dando nuovo impulso alla formazione terziaria e professionalizzante,  rafforzando le interrelazioni fra ricerca e attività produttive con la creazione di centri di eccellenza in vari segmenti di industria, che assicurino un efficace  trasferimento tecnologico all’intero mondo produttivo.

E vogliamo farlo, in particolare, assicurando che questi benefici ricadano su tutto il Paese, da Nord a Sud, dalle aree urbane a quelle più interne.

E siamo consapevoli che nessun processo di crescita potrà innescarsi se non procediamo a una decisa azione riformatrice della macchina dello Stato e dell’ordinamento giuridico. È per questo motivo, che oltre alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione di cui ho parlato, intendiamo accelerare sul fronte della riforma della giustizia civile, per velocizzare i tempi dei procedimenti e assicurare più certezza agli operatori economici.

Con il nostro Piano di Ripresa e Resilienza dovremo dare impulso a decine di opere infrastrutturali fondamentali per il Paese – come le tratte di rete ferroviaria ad alta velocità e ad alta capacità contenute nel progetto “Italia Veloce” – ricorrendo anche alla possibilità di poteri aggiuntivi per i soggetti attuatori, come permesso dalle norme transitorie del decreto, poi convertito, “Semplificazioni”.

Infine, saranno gli investimenti pubblici a costituire la pietra angolare del nostro Piano. In coerenza con l’indirizzo forte e innovativo della Commissione europea, intendiamo destinare il 40% delle intere risorse disponibili per il nostro Paese a una vera e propria “rivoluzione verde”. Vogliamo aumentare sensibilmente la quota di energia prodotta dalle fonti rinnovabili – il solare, l’eolico e il bio-metano – affinché l’Italia possa conseguire con successo l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni inquinanti, pari al 55% entro il 2030, che abbiamo appena ribadito nell’ultimo Consiglio europeo. E tale impostazione è quella che il nostro Paese vuole condividere a un più ampio livello internazionale, anche nella prospettiva della COP26, di cui siamo partner insieme alla Gran Bretagna.

Intendiamo anche potenziare e prorogare interventi già sperimentati, ma dotati di grandi potenzialità, parlo del superbonus edilizio al 110% e il pacchetto di incentivi di “Transizione 4.0”, che riteniamo prioritario, al contempo, per potenziare quegli investimenti che mancano da troppi anni nel nostro Paese, come quelli relativi alla sostituzione del parco rotabile degli enti locali e nel rafforzamento della rete idrica e della resilienza dei suoli forestali, che è cruciale per contrastare il dissesto idrogeologico.

Si tratta senz’altro di un Piano molto ambizioso e articolato, che oltre ad un’attenta pianificazione richiede anche un’attuazione più efficace possibile.

Lo sapete, il Governo è al lavoro per definire compiutamente la struttura che sarà responsabile dell’attuazione e del monitoraggio del Piano e che potrà avvalersi anche di un quadro normativo ad hoc per assicurare il pieno assorbimento delle risorse stanziate, e la messa a terra di tutte le progettualità, nei tempi più rapidi. Questa struttura in nessun caso sarà sovraordinata o sovrapposta ai doverosi passaggi istituzionali.

Molti dei progetti contenuti nel Piano, seppure sostenuti in prima istanza da risorse pubbliche, avranno pienamente successo soltanto innescando preziose sinergie fra pubblico e privato, che passano in maniera decisiva anche per il contributo del mondo bancario e finanziario.

Si tratta questo di un settore che – come avviene purtroppo in ogni episodio di crisi – ha subìto fortemente l’impatto della pandemia. Il calo dei consumi, infatti, porta a una netta contrazione dei profitti delle imprese e si ripercuote sulla redditività anche delle banche.

E per mitigare questi effetti avversi, il Governo ha esteso un’ampia rete di protezione in favore del settore tramite le garanzie pubbliche per tutto il 2020 e, grazie alla legge di bilancio per il 2021, le misure a sostegno della liquidità, come sapete, saranno prorogate anche per il prossimo anno.

È molto positiva, in questo senso, la decisione dell’Autorità bancaria europea, che ha rinviato al 31 marzo la scadenza sulla moratoria creditizia, accogliendo le richieste pervenute anche da parte italiana.

Restiamo, inoltre, profondamente impegnati a promuovere in sede di vigilanza bancaria europea un’attenta valutazione del contesto macroeconomico in cui opererà il settore bancario, per cui si apre – nei prossimi mesi – una delicata partita legata alle modalità di gestione dei futuri crediti deteriorati.

Mi avvio a conclusione. Auguro a tutti voi un buon proseguimento dei lavori, nella consapevolezza che i numerosi tavoli di confronto previsti per le giornate di oggi e anche di domani potranno produrre idee preziose per i decisori politici e gli operatori economici.

Grazie e buon lavoro

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