Le persone che guariscono da Covid-19 potrebbero mantenere le cellule immunitarie necessarie per combattere la reinfezione per un periodo di tempo di almeno otto mesi. Lo conferma un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science e condotto dagli esperti dell’Istituto di Immunologia di La Jolla, che hanno valutato i dati di 188 pazienti Covid-19.
“Questo lavoro- afferma Alessandro Sette dell’Istituto di Immunologia di La Jolla – suggerisce che le risposte al nuovo coronavirus di tutti i principali attori del sistema immunitario adattativo potrebbero perdurare per almeno otto mesi dalla comparsa dei primi sintomi. La risposta immunitaria per il nuovo coronavirus dunque c’è, ed è duratura”. Il team ha analizzato i campioni di sangue di 188 pazienti Covid-19, misurando anticorpi, cellule B, e cellule T.
“Per quanto ne sappiamo, questo è il più grande studio mai condotto, per qualsiasi infezione acuta, che abbia misurato tutti e quattro i componenti della memoria immunitaria – sostiene Daniela Weiskopf, collega e coautrice di Sette – e i risultati potrebbero significare che chi guarisce dall’infezione può effettivamente sviluppare immunità protettiva contro SARS-CoV-2 per mesi, e potenzialmente anni”.
Diversi lavori precedenti, sottolineano gli autori, avevano mostrato un calo negli anticorpi in grado di combattere l’infezione nei mesi successivi alla malattia, per cui diversi scienziati avevano manifestato la preoccupazione che questo potesse significare l’assenza di difesa immunitaria in caso di reinfezione. “La diminuzione degli anticorpi è un fenomeno abbastanza normale – commenta Shane Crotty, terza firma dell’articolo – piuttosto caratteristico delle risposte immunitarie. Il nostro lavoro dimostra che, a distanza di mesi dal primo contagio, nel sangue sono presenti cellule immunitarie in grado di produrre anticorpi contro SARS-CoV-2”.
Gli scienziati sottolineano che l’immunità protettiva potrebbe comunque essere molto variabile da persona a persona. “Abbiamo notato un intervallo di 100 volte nell’entità della memoria immunitaria – riporta Weiskopf – le persone con una memoria immunitaria debole potrebbero essere vulnerabili a un caso di reinfezione o avere maggiori probabilità di contagiare altri. Saranno necessarie ulteriori indagini per stabilire con più precisione il grado di immunità protettiva contro la reinfezione”. Il fatto che la memoria immunitaria contro SARS-CoV-2 sia possibile, secondo gli autori, rappresenta sicuramente un buon segno per lo sviluppo e l’efficacia dei vaccini.
“Il nostro studio ha monitorato le risposte all’infezione naturale – precisano i ricercatori – e non quella sviluppata a seguito della vaccinazione, che potrebbe avere una durata simile, ma dovremo aspettare i dati per saperlo con certezza. Gli studi sui vaccini si trovano nelle fasi iniziali e sembrano mostrare un’ottima efficacia”.
“Continueremo ad analizzare campioni di pazienti Covid-19 nei prossimi mesi per monitorare le risposte da 12 a 18 mesi dopo la comparsa dei sintomi – conclude Sette – stiamo anche eseguendo analisi molto dettagliate con una granularità più elevata su quali parti del virus vengono riconosciute. Cercheremo di comprendere come la memoria immunitaria differisca tra persone di età diverse e come ciò possa influenzare la gravità dei sintomi, e di indagare sulla risposta immunitaria indotta dalla vaccinazione”. (Ansa)